30 NOTTI CON IL MIO EX  domenica 27: ore 18:30 martedì 29, mercoledì 30: ore 21:00 giovedì 1, venerdì 2: ore 16:30 – 18:30 #30NottiConIlMioEx

30 NOTTI

CON IL MIO EX 

 

30 Notti con il mio Ex, il film diretto da Guido Chiesa, vede protagonista Bruno (Edoardo Leo), un padre single metodico e ansioso, con una vita fatta di abitudini rassicuranti. La sua esistenza scorre tranquilla tra il lavoro, dove fatica a farsi valere, e il rapporto con la figlia adolescente (Gloria Harvey), che lo sprona a essere meno rigido. Ma tutto cambia quando, su sua insistenza, Bruno accetta di ospitare per un mese la sua ex moglie Terry (Micaela Ramazzotti), appena uscita da un lungo ricovero psichiatrico.

Terry è l'opposto di Bruno: impulsiva, esuberante e totalmente imprevedibile. La convivenza si rivela da subito complicata. Mentre Bruno cerca disperatamente di mantenere il controllo, Terry sconvolge ogni equilibrio con la sua schiettezza disarmante e la sua voglia di vivere senza freni. Tra risate, litigi e vecchi ricordi che riaffiorano, i due si trovano a fare i conti con ciò che li ha divisi e con ciò che, forse, li lega ancora. 30 notti che sembravano solo un favore si trasformano in un viaggio emotivo imprevedibile, capace di rimettere tutto in discussione. Ma basterà un mese per cambiare davvero il loro destino?

 

Genere: Commedia

 

Regia: Guido Chiesa

 

Attori: Edoardo Leo, Micaela Ramazzotti, Gloria Harvey, Claudio Colica, Francesca Valtorta, Matteo Scattaretico, Luca Massaro, Beatrice Arnera, Andrea Pisani, Anna Bonaiuto

 

Durata: 102 min.

 

Critica: Edoardo Leo e la fragilità delle relazioni in 30 notti con il mio ex: «Perché due persone, pur amandosi tantissimo, non riescono a stare insieme?»

«Capita spesso, due persone si amano tantissimo eppure non riescono a stare insieme senza capire il perché. È ciò che esplora 30 notti con il mio ex, oltre a essere uno dei temi a renderlo un racconto universale». È così che Edoardo Leo presenta il nuovo film di Guido Chiesa in cui è protagonista con Micaela Ramazzotti. La storia di Bruno, interpretato dall’attore romano, che deve ospitare per un mese nella sua casa l’ex moglie Terry (Ramazzotti), affetta da una malattia mentale che le fa sentire le voci, pronta a venire reinserita nella vita di tutti i giorni dopo un periodo trascorso in una clinica specializzata. Così, su insistenza della figlia Emma, la debuttante al cinema Gloria Harvey, l’uomo accetta di ospitarla vedendo catapultata nel caos la sua vita ormai piena di regole e di ordine. Una rigidità che è il momento di lasciare alle spalle, sebbene sia conseguenza proprio dell’esperienza e della relazione avuta in precedenza con Terry. «È come quando si è fratelli, se uno è più mattacchione allora l’altro deve essere quello equilibrato. È una sorta di regola non detta che credo si applichi anche ai rapporti e sicuramente è ciò che avviene tra Bruno e Terry. Però, alla fine, si tratta pur sempre di amore e il film ci mostra semplicemente quanto, spesso, sia difficile anche solo riuscire a convivere».

Così come non è facile a volte capirsi o, ancor più, provare a immaginare davvero ciò che prova o sente l’altro. Cosa che i personaggi fanno in una delle sequenze di 30 notti con il mio ex, un esercizio che Leo consiglia vivamente a tutti: «Come dice un vecchio proverbio, prima di giudicare qualcuno fai un po’ di chilometri con le sue scarpe». Il personaggio di Bruno deve quindi tentare di comprendere cosa si muove all’interno di Terry, che da parte sua ha accettato completamente la propria condizione, di cui non ha vergogna: «Ne parla sempre, di continuo», afferma Micaela Ramazzotti. «Perché il disagio non aumenta affrontando le cose, anzi, è esattamente il contrario. La mente umana è fatta di paure, di fragilità. Però si può guarire, si può riuscire a stare al mondo, grazie soprattutto alle cliniche e agli spazi che si prendono cura di persone che vivono la stessa situazione di Terry. Ma la verità è sempre che bisogna avere paura di chi è fuori queste strutture, non chi c’è dentro». È ciò che tenta di fare la commedia dolceamara, con l’attrice che è rimasta affascinata dall’entusiasmo del suo personaggio e il suo sentirsi ogni giorno come se stesse al mondo per la prima volta. «Di pazzerelle al cinema ne ho fatte», prosegue l’interprete. «Però di solito erano donne molto chiuse nella loro interiorità, nella loro depressione. Stavolta mi piaceva l’idea di esplorare un personaggio attivo, affamato di vita, che mostrasse che non bisogna avere paura di rapportarsi con la malattia mentale, tantomeno renderla uno stigma». Era esattamente l’intenzione del regista Guido Chiesa, ovvero l’unire ad un argomento delicato la leggerezza dell’ironia, dell’umorismo, del poter e saper ridere di tutto insieme. «Ci sono tanti film meravigliosi che affrontano la tematica della salute mentale da un punto di vista drammatico», spiega Chiesa. «Ma con una protagonista come Terry sentivamo di poter agganciarci ai modi di fare della commedia italiana del passato in cui venivano prese delle tematiche serie per poi raccontarle con umorismo». Un’altra possibilità intravista dal regista era anche l’occasione di prendere il particolare di un matrimonio come quello dei suoi personaggi e utilizzarlo non solo per parlare degli ostacoli che si ritrovano ad affrontare le coppie e la loro incapacità a volte di accettarsi, ma allargando lo sguardo e mostrando al pubblico come un simile tema può essere applicato a qualsiasi persona. Soprattutto quando si tratta di chi sentiamo distante da noi, chi riteniamo “diverso”. «30 notti con il mio ex ci riguardata tutti perché ci fa vedere quanto può essere complesso relazionarci con l’altro, che può essere tanto un partner quanto un figlio, un amico, un datore di lavoro, un proprio vicino», dice il regista. «L’altro è sempre il nostro limite, spesso non riusciamo ad accettarlo perché vorremmo fosse come noi lo desideriamo. Perciò non resta che sbaragliare le carte, come avviene con Bruno che si è chiuso su se stesso, impaurito da Terry che è piena di vita».

A fare da collante tra i due personaggi, un po’ come l’oro della tecnica giapponese kintsugi che viene usata nel film come metafora, c’è la figlia quasi sedicenne della coppia, la giovane Emma interpretata da Gloria Harvey e per la prima volta sul grande schermo. «È stata un’emozione grandissima recitare vicino a Edoardo e Micaela. Sono stata fortunata perché non mi hanno fatto sentire alcuna pressione, rendendo tutto più facile. In più mi ritrovavo a livello umano nel ruolo di Emma, che rappresenta nel film l’anello che cerca di riunire insieme la sua famiglia». La ragazza va oltre la condizione della madre e aiuta anche lo spettatore ad entrare in sintonia col personaggio di Ramazzotti: «Emma vede l’amore, il fatto che si vogliono bene, non teme di stare accanto a una persona che soffre, come accade invece a tanti. L’ho sentita molto vicina, come il vivere con qualcuno che viene considerato diverso, e nel suo modo di accogliere la madre nella propria vita ho colto un’infinita dolcezza». TORNA ALLA HOME PAGE