VERMIGLIO

 

In quattro stagioni la natura compie il suo ciclo. Una ragazza può farsi donna. Un ventre gonfiarsi e divenire creatura. Si può smarrire il cammino che portava sicuri a casa, si possono solcare mari verso terre sconosciute. In quattro stagioni si può morire e rinascere. Vermiglio racconta dell’ultimo anno della Seconda guerra mondiale in una grande famiglia e di come, con l’arrivo di un soldato rifugiato, per un paradosso del destino essa perda la pace, nel momento stesso in cui il mondo ritrova la propria.

Vermiglio, il film diretto da Maura Delpero, si svolge in un piccolo paese di montagna di nome Vermiglio che si trova in Trentino.

Siamo nel 1944, Lucia, Ada e Livia sono tre sorelle adolescenti inseparabili, figlie di un eccentrico insegnante. Quando in paese arriva Pietro, un soldato siciliano, Lucia si innamora di lui e rimane incinta. I due sono costretti a sposarsi.

Gli equilibri della famiglia cambiano, Livia è la preferita e Ada si sente trascurata. Tutti sentono la mancanza di Lucia quando nel 1945, finita la guerra, parte con Pietro e suo figlio per la Sicilia. Ma una volta arrivata scopre nel peggiore dei modi che suo marito era già sposato. Sua moglie, scoperto il matrimonio con Lucia, si vendica sparandogli.

La giovane vedova e il suo bambino devono ricostruirsi una vita rimettendo insieme i pezzi del passato del marito.

Festival di Venezia – 2024 Premio Leone d'argento - Gran premio della giuria

 

Genere: Drammatico

 

Regia: Maura Delpero

 

Attori: Tommaso Ragno, Giuseppe De Domenico, Roberta Rovelli, Martina Scrinzi, Orietta Notari, Carlotta Gamba, Santiago Fondevila Sancet, Rachele Potrich, Anna Thaler, Patrick Gardner, Enrico Panizza, Luis Thaler, Simone Bendetti, Sara Serraiocco

 

Durata:119 min

 

Critica: il racconto di un mondo antico osservato con grande attenzione e restituito con commovente naturalezza.

“Quelli che tornano dalla guerra hanno i segreti”, si sussurra a Vermiglio, ultimo comune della Val di Sole in Trentino, una storica terra di confine. Siamo nell’inverno del 1944, gli ultimi fuochi della Seconda Guerra Mondiale si avvertono come echi lontani (nelle notizie sui giornali) e come sospiri vicini (nella speranza del ritorno dei propri cari dal fronte). La crisi economica, l’instabilità politica, il nuovo ruolo femminile nella sfera pubblica e gli antichi tabù culturali… Vermiglio è un microcosmo sentimentale che rappresenta l’Italia alla vigilia del suo anno zero. Cosa accade? Un giovane soldato siciliano, probabilmente un disertore, si rifugia sulle montagne limitrofe: Pietro è un ospite inatteso che il villaggio accoglie e guarda con sospetto, tra pregiudizi e nuovi affetti. A Vermiglio, infatti, vive un integerrimo maestro elementare (Tommaso Ragno, perfettamente in parte) che ama Chopin e la terra da coltivare, le arti e la natura. È un uomo severo, a tratti autoritario, ma mai tirannico nel rapporto con le sue tre figlie che allegorizzano tre anime dell’Italia che verrà: Lucia si avvicina pian piano a Pietro sposandolo; Ada vorrebbe continuare a studiare ma è destinata a soffocare desideri e aspirazioni; la più piccola, Flavia, è l’erede designata delle aspirazioni sociali del padre ma avverte tutto il peso della responsabilità. La guerra è finita: Pietro può ora tornare in Sicilia per regolarizzare la sua situazione ma questo evento, paradossalmente, romperà la pace del villaggio. È un film affascinate e ipnotico Vermiglio, costruito su costanti ellissi narrative nelle quali gli eventi accadono spesso in fuori campo (come per il destino di morte di Pietro) lasciando a noi spettatori la condivisione delle conseguenze umane. Il dramma si insinua silenzioso nella quotidianità, nel fluire della vita e delle stagioni, come correlativo oggettivo di una difficoltà a far collimare l’azione al sentimento. Pensiamo al bellissimo personaggio di Ada e alla sua ricerca identitaria posta sullo sfondo di una tragedia collettiva (la guerra) e di una tragedia privata (il destino della sorella Lucia incinta) che reclamano il primo piano. Eppure, Ada è capace di generare emozioni e riflessioni “contemporanee” confinate in una manciata di scene rubate alle linee d’azione principali.

L’archivio di forme e il registro metaforico di autori come Pietrangeli, Olmi o Pasolini è in più occasioni evocato e rimodellato ma mai sterilmente serigrafato. Così come il confine tra pratiche del documentario e spinte funzionali viene più volte valicato nel fertile lavoro antropologico su attori e luoghi. Un rigore formale che rende ancora una volta universale il tema della maternità tra dimensioni pubbliche e private, folklore e dolore. Certo, il film sconta qualche schematismo nella definizione dei suoi caratteri e qualche semplificazione narrativa nel comprensibile timore di mettere in chiaro i tanti fronti delle riflessioni contemporanee (la guerra, la maternità, la condizione femminile, l’orientamento sessuale, ecc.). C’è tanto altro, però. Perché Delpero continua a fidarsi delle proprie inquadrature aprendole a una moltitudine di significanze possibili, quindi concedendoci il giusto tempo di lettura. Questo è un film che crede ancora nella potenza dei luoghi e dei volti come tramite per andare oltre le storie contingenti, inscrivendosi in una tradizione di cinema italiano che fa dell’etica della forma la sua intima riflessione umanista. Insomma, Vermiglio è un film sincero e onesto con il suo spettatore confermando in Maura Delpero uno sguardo registico personale e consapevole che arricchisce il panorama del cinema italiano contemporaneo.

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